STORIE DI MONZA – Quella mattina del 5 febbraio…

Gli anni ’70 e ’80 del Novecento non furono gli “Anni di Piombo” solo nelle grandi città come Milano, ma anche, purtroppo in Comuni italiani ben più piccoli, tra cui Monza. E fu proprio a Monza che, nella fredda mattina del 5 febbraio 1980, avvenne un terribile fatto.

Quella mattina, il trentanovenne Paolo Paoletti stava aprendo il cancello della sua casa in Via De Leyva, 1 (clicca qui per vedere il posto su Google Maps) per recarsi, con la sua Golf prima serie (una vettura prodotta dalla tedesca Volkswagen dal 1974 al 1983), al lavoro. Lui, nato ad Orbetello (GR) ma emigrato in Lombardia, lavorava a Meda come responsabile di produzione per l’azienda chimica elvetica ICMESA. Sì, proprio per quella ICMESA, acronimo di Industrie Chimiche Meda Società Azionaria, divenuta tristemente famosa in tutta Italia il 10 luglio 1976 per il Disastro di Seveso, considerato uno dei peggiori disastri ambientali avvenuti nel nostro Paese; ossia un incidente avvenuto all’interno dello stabilimento di Meda della ICMESA, che causò la fuoriuscita da quest’ultimo di un enorme quantità di diossina TCDD – una sostanza chimica tossica -, che inondò i terreni dei Comuni vicini di Meda, Seveso, Limbiate, Cesano Maderno e Desio e causò la morte di migliaia di animali e piante, oltre che l’intossicazione – ma per fortuna non la morte – di altrettante persone. E per quel disastro, anche Paoletti fu giudicato colpevole: stette, infatti, in carcere dal luglio al dicembre del 1976 per disastro colposo.

Ma, ora, torniamo a quella mattina del 5 febbraio 1980. Prima di andare al lavoro, Paoletti aveva lasciato da una vicina di casa suo figlio Marco, che all’epoca frequentava la scuola elementare statale Giovanni Rajberti a Monza. Poi, alle 8.15, come ho già detto, andò ad aprire il cancello della sua casa per uscire con l’auto. E fu a quel punto che un uomo armato balzò davanti a lui e gli sparò tre colpi. Paoletti cadde subito a terra in una pozza di sangue, morto, mentre il suo aggressore, come riportato dai testimoni presenti al momento dell’attentato, scappò a bordo di una Fiat 128 di color grigio metallizzato, assieme ad un altro uomo e una donna.

Una Fiat 128, l’automobile usata dagli aggressori di Paolo Paoletti per fuggire.
Massimilianogalardi [CC BY-SA 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)]

Passò poco tempo prima che si venisse a conoscenza di chi ci fosse dietro all’attentato. Infatti, quella stessa mattina, poche ore dopo l’uccisione di Paolo Paoletti, la redazione del giornale milanese ANSA ricevette una telefonata; quando la cornetta fu alzata, dall’altro capo una voce disse solo:

<< Buongiorno signorina siamo di Prima Linea e rivendichiamo l’uccisione di Paolo Paoletti, avvenuta questa mattina a Monza. Seguirà comunicato>>

(FONTE: https://it.wikipedia.org/wiki/Prima_Linea_(organizzazione)#1980-1981:_i_pentimenti_e_il_declino)

Paolo Paoletti – lavoratore e padre di famiglia – era stato ucciso da Prima Linea, un’organizzazione armata di estrema sinistra che ha operato tra il 1976 e il 1983, e che, prima dell’uccisione di Paoletti, aveva già commesso e rivendicato molti altri attentati in tutta Italia, tra cui quello del magistrato Emilio Alessandrini a Milano il 29 gennaio 1979.

La Fiat 128 su cui gli aggressori erano scappati, venne ritrovata la mattina stessa, vuota, in Via Della Guerrina a Monza.

Nel 2009 il Comune di Monza ha posto una targa metallica in ricordo di Paolo Paoletti in Via De Leyva, davanti a quella che fu la sua casa. Il cartello recita:

La città di Monza ricorda

Paolo Paoletti

dirigente industriale, vittima inerme del terrorismo, assassinato la mattina del 5 febbraio 1980

Monza, 9 maggio 2009

La targa metallica dedicata a Paolo Paoletti posta dal Comune di Monza in Via De Leyva.